Abbiamo diviso il corpo principale di questo articolo in due parti per non rendere il post troppo lungo e per facilitarne la lettura. La prossima settimana concluderemo la pubblicazione di questo interessantissimo articolo.
2. L'Uomo dello Sindone: Uomo dei dolori
Nel corso della storia, innumerevoli sono stati gli autori che hanno scritto sulla offerenza che "l'Uomo della Sindone" deve aver sperimentato durante la sua cattura, l'interrogatorio, l'accusa, la tortura e l'esecuzione della sua condanna a morire sulla croce: supplizi cui, nel rimando a Gesù Cristo, la severa ansietà e la profonda paura vissute nel giardino del Getsemani, insieme all'ematidrosi e alla disidratazione conseguenti, hanno fatto da doloroso preludio.
La maggior parte delle informazioni è coerente con i dati scientifici oggettivi noti, forniti da svariate fonti, tuttavia a volte presenta inesattezze (specie se gli scritti sono di molto tempo fa e le informazioni disponibili non erano aggiornate, come invece al giorno d'oggi), e persino, si consenta l'espressione, divagazioni, soprattutto allorché si fa menzione dello stato d'animo del condannato in ciascuna delle fasi della sua tortura e della morte. Su questo specifico problema, non possiamo essere assolutamente sicuri di nulla in particolare. Tutte sono congetture, più o meno pie.
Dal punto di vista scientifico, possiamo solo parlare delle lesioni fisiche oggettivabili e delle loro conseguenze. Riguardo a tali lesioni organiche, sono due gli oggetti archeologici che ci forniscono informazioni, la Sindone di Torino e il Sudario di Oviedo, e lo stato attuale delle conoscenze scientifiche riguardanti tali oggetti archeologici, in forma sommaria, può specificarsi nel modo seguente.
Entrambi i teli avvolgevano il cadavere della stessa persona, sebbene non simultaneamente. Il Sudario di Oviedo è stato posto meticolosamente sulla testa, sul viso, sul collo e sulla parte superiore del torace, quando il condannato era ancora in posizione verticale e già cadavere sulla croce; ivi è rimasto tenuto durante la discesa e il trasferimento del corpo alla tomba, dove con attenzione è stato rimosso, e infine il corpo è stato sepolto avvolto dalla Sindone di Torino, mentre il Sudario di Oviedo è stato posto "arrotolato in un luogo separato", anche se si presume vicino al corpo, sempre secondo gli usi e le abitudini dell'etnia ebrea. La Sindone di Torino mostra un'immagine antropomorfa con una visione anteriore e posteriore di un corpo umano, per la quale non disponiamo ancora di una spiegazione scientifica accettabile di come possa essersi prodotta, e di cui non si conosce alcun altro esempio simile, né in altri oggetti archeologici, né in alcun materiale tessile moderno. Oltre a questa "immagine sindonica", si evidenziano anche macchie di sangue e altri fluidi corporei.
Riguardo al corpo, si può affermare che si trattava di un maschio adulto, di mezza età, con una costituzione corporea atletica, con capelli lunghi, barba e baffi folti, (sebbene si osservino segni che barba e baffi, a seguito della tortura cui fu sottoposto, erano "dimezzati", poiché mancano porzioni significative di steli capillari in entrambe le localizzazioni, e macchie di sangue appaiono sul letto cutaneo, vale a dire proprio ciò che un medico forense si aspetterebbe di trovare in tali circostanze).
Anche se non si evidenzia alcun difetto fisico oggettivo riguardo al corpo, se si osservano segni che abbia subito una tortura estremamente violenta e raffinata, non è il risultato del linciaggio da parte di una folla incontrollata, ma la conseguenza dell'applicazione di un protocollo predeterminato: maltrattamento fisico durante la sua cattura, il trasferimento e l'interrogatorio, la flagellazione al modo romano, l' incoronazione di spine (gesto creativo, al di fuori del protocollo d'azione abituale con un detenuto, nel contesto della legge romana e dei costumi ebraici), la crocifissione al modo romano, e infine un "colpo di grazia", con una lesione penetrante al torace allorché il soggetto era già un cadavere. Vale a dire, tutte le lesioni si sono verificate quando la persona era ancora in vita, con la sola eccezione della lesione al costato destro, il "colpo di grazia", che si è verificato quando era già morto.
Dallo studio criminologico delle macchie di sangue emerge una serie di conclusioni interessanti, e quella che risulta la più trascendentale è il fatto che, come conseguenza di tutte le manipolazioni che il corpo ha sofferto, è tornato a sanguinare in diverse occasioni.
Tale circostanza non dovrebbe sorprendere, nonostante la falsa opinione ampiamente diffusa che i cadaveri non sanguinano. Questo non è vero, i corpi sanguinano spontaneamente dalle loro proprie ferite e aperture naturali come conseguenza della cosiddetta "circolazione cadaverica", che è una falsa circolazione sanguigna, in quanto non si verifica come risultato del battito cardiaco, assente dopo la morte, ma è l'effetto dell'impulso che i gas di putrefazione producono sul sangue cadaverico all'interno del sistema cardio-circolatorio.
Se il corpo è mosso o manipolato, inoltre, il flusso sanguigno aumenta allo stesso modo di quanto già affermato, e tutto ciò come conseguenza dell'azione della forza di gravità e seguendo le leggi fisiche che governano la dinamica dei fluidi, poiché dopo tutto il sangue, sia di una persona vivente, sia di un cadavere, se non è coagulato si comporterà sempre come un fluido.
Come si può rilevare osservando la Sindone e il Sudario, si stima una lunga lista di danni fisici sparsi in tutta l'anatomia del condannato, ma ogni tentativo di sistematizzazione risulterà complicato e di difficile interpretazione. Per questo motivo, è stato scelto di descrivere le lesioni e le loro conseguenze, a partire dalla testa e continuando verso il basso... per quanto possibile, poiché a volte, per facilitare la comprensione da parte dell'amabile lettore, a tale regola si porranno delle eccezioni.
A partire dal cuoio capelluto, si rileva una moltitudine di lesioni sanguinanti che hanno causato rigature di morfologia a serpentina non solo sui capelli, ma anche sull'area del viso.
Queste lesioni, dal punto di vista della Medicina Legale, sono compatibili con l'ipotesi che si sarebbero verificate più o meno contemporaneamente utilizzando un "casco" di spine: non a forma di corona, come rappresentano abitualmente gli artisti, ma piuttosto con l'aspetto di un elmetto. Tali spine si presume dalla scienza botanica possano appartenere a una pianta tipo ziziphus spina christi oppure ziziphus paliuris christi, entrambe della famiglia delle Raminacee, o ancora all'acacia nilotica.
È difficile sapere con esattezza quante ferite siano state prodotte da questa causa, è probabile che alcune di esse non si riscontrino nella Sindone e nel Sudario, o che forse una scia di sangue sia il risultato della confluenza di sanguinamento di due o più lesioni o anche che la stessa lesione, a seconda della posizione della testa in momenti diversi, abbia causato due o più rivoli di sangue con la stessa origine.
Gli oggetti appuntiti che hanno prodotto queste ferite, in ogni caso, non si sono limitati a perforare la pelle in modo pulito e superficiale, ma hanno creato ampie lacerazioni sia della pelle, sia dei tessuti molli, per raggiungere quindi le ossa che formano la volta cranica.
Quando gli oggetti appuntiti arrivavano a schiantarsi contro l'osso, a volte, data l'energia cinetica di cui erano dotati, scivolavano su di esso, distaccando il cuoio capelluto dalla struttura ossea che lo sostiene. Ciò non solo causava un dolore intenso: è ben noto che questa zona, come anche il viso e le mani, è molto sensibile al tatto e al dolore, inoltre, essendo molto ben irrigata da innumerevoli vasi sanguigni, una pur piccola lesione in queste localizzazioni sanguina assai di più di ogni un altro punto della superficie cutanea. Allorché il cuoio capelluto si distaccava dal cranio, difatti, si formavano "serbatoi" che accumulavano sangue tra la pelle e il cranio, e da questi serbatoi il sangue usciva in parte più tardi, anche quando la persona era già un cadavere, dagli stessi orifizi delle ferite una volta rimossa la "corona di spine".
Queste lesioni, come detto, causavano un dolore acuto (e quanto più l'origine del dolore è vicina al cervello, tanto più esso si percepisce con maggiore intensità), finché poi provocavano un'emorragia copiosa che, insieme a quelle presentate dalle altre lesioni e a quelle che saranno menzionate, contribuiva a indebolire l'organismo del condannato, e quindi a diminuire la sua capacità di resistenza.
È abbastanza improbabile che gli oggetti che hanno causato tali lesioni possano aver attraversato le ossa della volta cranica di una persona adulta e sana, ma potrebbero essere penetrati tra le articolazioni di queste ossa, denominate "suture craniche". In una persona di mezza età, infatti, tali suture non sono completamente chiuse, ma presentano un aspetto frastagliato e una morfologia "in marcia", e le ossa che compongono queste articolazioni sono collegate da un tessuto connettivo elastico ma morbido. Col passare dell'età, dette suture craniche vanno richiudendosi, e allorché una persona raggiunge la vecchiaia la sua volta cranica sarà completamente chiusa, senza la presenza di tali suture, e si avrà una struttura unica conosciuta come "calvaria", con l'aspetto di una cupola. L'Uomo della Sindone, data la sua età, non aveva tuttavia ancora raggiunto quella situazione, per cui le giunture tra le ossa della volta cranica non erano ancora completamente fuse, quindi erano potenzialmente permeabili alla penetrazione tra di esse di una o più spine. Alcune delle lesioni pungenti, perciò, potrebbero essere penetrate attraverso queste fessure. Questa possibilità, però, non può essere affermata o negata, poiché non esiste alcuna evidenza nella Sindone e nel Sudario, né della sua presenza, né della sua assenza.
Sebbene alcune di queste lesioni siano penetrate all'interno del cranio, non è obligatorio che abbiano colpito il cervello. Se non penetrate abbastanza, avrebbero causato solo lesioni vascolari alle meningi, che forse non hanno avuto il tempo di generare alcun sintomo, poiché la morte potrebbe essersi verificata già prima per altri motivi.
Se uno di questi oggetti appuntiti fosse stato abbastanza lungo e resistente, nel caso in cui fosse penetrato in uno o entrambi i canali uditivi esterni, avrebbe potuto raggiungere la cavità cranica, con le stesse conseguenze come se lo avesse fatto attraverso le articolazioni delle ossa del cranio. In questo caso, però, avrebbe causato anche un sanguinamento ancor più abbondante, la sordità, e forse una sindrome vertiginosa che avrebbe aumentato le sofferenze dell'Uomo della Sindone. Tutto ciò, insieme alla percezione di un fastidioso ronzio, una sensazione di nausea e forse vomito, anche senza aver bisogno di raggiungere la cavità cranica, ma solo perforandosi uno dei timpani.
Questi oggetti appuntiti, inoltre, potrebbero facilmente aver lesionato gli occhi, sia in superficie (provocando erosioni corneali semplici ma ferite congiuntivali estremamente dolorose), sia più profondamente (penetrando nel bulbo oculare o anche nelle strutture perioculari). In ogni caso, si tratterebbe di lesioni tremendamente dolorose. Nessuna informazione è disponibile su questa circostanza, poiché gli occhi sono chiusi, sebbene l'aspetto turgido delle palpebre sia incompatibile col fatto che uno o entrambi gli occhi siano stati perforati e abbiano perso parte del loro contenuto liquido. Questa possibilità, ad ogni modo, non può essere esclusa completamente.
La zona del viso presenta numerose lesioni prodotte da tante cause diverse, che la sua descrizione risulta complessa: per questo motivo, si descriverà secondo la sua localizzazione anatomica e seguendo un ordine, iniziando dalla parte superiore del viso e terminando in quella inferiore. Una tale quantità di lesioni ci fornisce informazioni su una possibile cattura dell'Uomo della Sindone praticata con estrema violenza, o forse un interrogatorio in cui, naturalmente, i protocolli della Convenzione di Ginevra non sono stati seguiti, o forse entrambi i casi. Oggi, in un paese civile, questa situazione sarebbe in ogni caso assolutamente inaccettabile.
I capelli appaiono completamente imbrattati di sangue secco, cosa che ci si aspetterebbe in una tale profusione di ferite sanguinanti sul cuoio capelluto, zona assai ricca di vasi sanguigni, che quindi sanguina molto abbondantemente nel caso che sia lesionata.
Nella zona della fronte compare una scia di sangue che richiama l'attenzione: la sua forma è di tre invertita, o di epsilon, ed è stata tradizionalmente attribuita alla corona di spine, anche se non possono essere esclusi altri traumi quale causa di tali ferite. In prossimità, all'altro lato della linea mediana della fronte, infatti, appare una vasta regione contusa che emana un rivolo di sangue, anche se appare di minore dimensione. In ogni caso, è una ferita frastagliata, ed è più che probabile che la causa sia la corona di spine.
Negli esperimenti realizzati da Sánchez Hermosilla utilizzando un teschio umano ricoperto di plastilina, infatti, quasi tutte le spine hanno provocato impronte dai bordi irregolari, ma più o meno rettilinee: tuttavia in questa zona, a causa della vicinanza delle strutture ossee che conferiscono la forma alle sopracciglia, le spine hanno subito deviazioni nelle loro traiettorie, producendo impronte molto simili al rivolo di sangue descritto. Le sopracciglia, dopo tutto, sono progettate per produrre questo effetto, allontanare dagli occhi le possibili aggressioni che si verificano nelle loro vicinanze.
Entrambi gli occhi sono infiammati, specialmente l'occhio destro, che presumibilmente era chiuso del tutto a causa di un grande ematoma che occupava le palpebre superiore e inferiore. Queste lesioni sembrano correlarsi ad altre situate nella regione nasale ed alle sopracciglia. Entrambe le sopracciglia sono infiammate, in particolare la sinistra e, naturalmente, sono anche imbrattate di sangue secco.
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